Terremoto in arrivo: addio al contratto di soccida?

Il contratto di soccida rappresenta uno degli strumenti più utilizzati nel settore degli allevamenti, un caposaldo che, sin dall’approvazione del Codice Civile nel 1942, regola i rapporti tra i vari imprenditori agricoli nell’ambito delle filiere produttive.

Negli ultimi settant’anni, però, sono molte le cose ad essere cambiate in agricoltura e l’uso di tali strumenti contrattuali, rispetto a quanto avveniva nel mondo rurale “tradizionale”, è stato spesso adattato alle necessità dei tempi moderni.

Per queste ragioni, il senatore Saverio De Bonis ha presentato un emendamento alla Legge di Bilancio con cui ha proposto l’eliminazione del contratto di soccida dall’ordinamento italiano.

 

La proposta presentata

Nell’emendamento presentato al Senato, l’estensore evidenzia come l’attuale utilizzo del contratto di soccida sia oggi deviato rispetto all’originaria finalità contemplata dal Codice Civile: se, infatti, nel 1942 tale contratto era preordinato alla condivisione dell’attività di allevamento tra proprietario terriero e contadino, con il passare del tempo tale istituto è stato spesso utilizzato per lo sviluppo di una zootecnia di tipo industriale, in cui l’allevatore è sempre più parte debole del rapporto contrattuale.

Nel testo dell’emendamento si legge poi di come la soccida venga diffusamente utilizzata con finalità anticoncorrenziali, in quanto foriera di produrre grandi poli industriali diffusi, ma anche con scopi di natura prettamente fiscale, al fine di eludere le imposte e di ricondurre i proventi di tali attività all’interno del più favorevole regime fiscale previsto per il settore agricolo.

Posti tali presupposti, quindi, è stata richiesta l’abolizione del contratto di soccida o, quantomeno, un’attenta valutazione dell’istituto e una sua ristrutturazione al fine di prevenire la diffusione dei fenomeni di abuso evidenziati nella proposta di modifica della Legge di Bilancio.

 

Una posizione estremistica

Per chi, come noi, si occupa di agricoltura ogni giorno, quella del senatore De Bonis rappresenta una proposta estremistica e che muove da presupposti che non aderiscono perfettamente alla realtà dei fatti, ma soprattutto denotano una scarsa conoscenza del sistema organizzativo nazionale delle attività di allevamento.

La soccida, infatti, rappresenta uno degli architravi contrattuali su cui si poggia l’intero settore dell’allevamento, uno strumento contrattuale forte e dedicato, la cui importanza è stata riconosciuta anche dal legislatore quando, nel 1982, ne ha fatta salva la legittimità nel momento in cui, invece, gli altri contratti associativi (mezzadria, colonia…) venivano aboliti.

Certo, nel mondo contemporaneo non mancano gli abusi e le situazioni fraudolente in cui il contratto di soccida è utilizzato dalle parti per ottenere indebiti vantaggi fiscali o di mercato.

Per poche mele marce, però, ci sono migliaia e migliaia di allevatori onesti, che svolgono il loro lavoro con serietà e passione, ma anche soccidanti corretti e rispettosi delle regole, che utilizzano la soccida per disciplinare e organizzare la propria attività produttiva.

Proprio per queste ragioni, l’idea di fare tabula rasa di un istituto esistente e diffuso da oltre settant’anni pare qualcosa di irrazionale ed ingiustificato. Diverso è, invece, il tema relativo alle possibili revisioni dell’istituto che, invece, potrebbero meritare uno studio per riadattare al meglio un vecchio strumento alle esigenze della contemporaneità.

La speranza, quindi, è che nell’iter di approvazione della Legge di Bilancio, le Camere prestino grande attenzione alla questione e che si astengano dal mettere mano con leggerezza alla disciplina della soccida, visto l’alto rischio di mettere in difficoltà l’intero comparto degli allevamenti.

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