Quando inutili allarmismi rischiano di influenzare il mercato

Produrre cibo ha sempre rappresentato un lavoro e una grande passione per gli agricoltori che in un periodo come questo, caratterizzato da forti tensioni politiche e dall’emergenza climatica, sono chiamati a far fronte alle difficili richieste del mercato: produrre di più e produrre in maniera sostenibile.

Negli ultimi anni, la disponibilità di generi alimentari, già calante a causa dell’aumento della popolazione, è stata travolta sia dalla pandemia, che ha stoppato fabbriche e magazzini, sia dal clima sempre più instabile che si è rivelato problematico per la produzione agricola.

Oltre al COVID-19 e al clima, a febbraio 2022 l’invasione russa dell’Ucraina si è trasformata in un fattore acutizzante della crisi visto che entrambi i paesi coinvolti nel conflitto rientrano tra i principali produttori mondiali di grano e mais, da cui dipendono molti Paesi emergenti.

E mentre il mondo faceva i conti con tutte queste tristi vicissitudini, opinionisti e commentatori profilavano situazioni catastrofiche, divulgando la notizia di una crisi agroalimentare globale, in cui non ci sarebbe stato abbastanza cibo per tutti.

I mass media hanno diffuso notizie disastrose, annunciando che senza la produzione Ucraina, definita come il “granaio d’Europa”, milioni di tonnellate di cereali sarebbero rimaste bloccate, portando l’Europa in una situazione di emergenza alimentare.

Nel giro di pochi giorni i supermercati sono stati presi d’assalto, svuotati di quei beni che, a dire dei giornalisti, non sarebbero più stati reperibili, se non a prezzi di gran lunga elevati.

In tale ottica di allarmismo, gli esperti del settore, analizzando i numeri, si sono domandati se i produttori agricoli fossero in grado di sfamare la popolazione e, soprattutto, se sapessero farlo in maniera sostenibile: non si può infatti pensare di far fronte alla repentina richiesta di cibo mettendo in atto processi produttivi che trascurano acqua, terra e biodiversità.

Così come ci spiega il Professor Frascarelli[1], stando ai dati di ISMEA, che da sempre si occupa degli studi di mercato, è emerso che negli ultimi 12 anni, a causa del forte incremento demografico, c’è stato un progressivo aumento della richiesta del grano e dei cereali, superiore al 30% rispetto al passato. L’aumento della domanda, accompagnato ad un periodo di scarsa produzione, ha portato a vedere i prezzi del grano e dei cereali crescere a dismisura.

Nonostante ciò, non occorre generare inutili paure poiché i numeri parlano chiaro. Se è vero che i consumi aumentano in maniera importante, non bisogna tralasciare il fatto che l’aumento della domanda è sempre andato di pari passo con l’aumento della produzione, calata solo per un breve periodo.

La crisi legata alla guerra non spaventa quindi gli studiosi che ci rassicurano sul fatto che nonostante Russia e Ucraina siano due grandi esportatori a livello mondiale, non sono il punto di forza della produzione in Europa. Infatti, sia Russia che Ucraina esportano principalmente verso i paesi africani e del sud est asiatico.

In Europa, invece, il grano viene acquistato principalmente da Francia e Ungheria, Paedi avulsi dalle dinamiche del conflitto russo-ucraino. Inoltre, i dati ci mostrano che in Europa si produce il 136% del fabbisogno e ciò vuol dire che siamo assolutamente autosufficienti, se non addirittura eccedentari.

Alcuni affermano che l’ormai pletorica frase “l’Ucraina è il granaio d’Europa” non può più essere considerata veritiera: l’Europa è il granaio di sé stessa.

Come spesso accade, però, la necessità di fare audience spinge gli opinionisti a diffondere notizie negative, incorniciate da titoli catastrofici, spesso smentite dagli esperti in materia, veri conoscitori dei numeri e dell’andamento del mercato.

Per questo motivo, quindi, occorre prestare attenzione a ciò che i mass media ci dicono e, prima di fare allarmismi o, peggio, prendere decisioni imprenditoriali importanti, sarebbe buona cosa ascoltare chi il mercato lo analizza quotidianamente.

 

[1] Rimini Meeting 2022 – Il grano e il pane l’agricoltura è in grado di produrre per tutti?