Non è ancora tempo (se mai lo sarà) per la bistecca creata in laboratorio

In questi ultimi mesi abbiamo spesso sentito parlare di “carne sintetica”, ossia la carne coltivata in laboratorio, prodotta a partire da cellule animali senza che gli stessi siano stati allevati con i metodi classici che tutti conosciamo.

La possibilità di introdurre questo nuovo cibo nel nostro panorama alimentare ha fatto nascere numerosi dibattiti, tanto in Europa quanto in Italia, Paese in cui la carne rappresenta da sempre un alimento cardine sia dell’alimentazione che dell’economia, soprattutto a fronte del fatto che nel nostro Paese si allevano all’incirca 200 milioni di capi di bestiame[1].

Per il momento, siccome manca una normativa europea in materia di alimenti sintetici, il nostro Governo ha rifiutato l’immissione nel mercato di tale prodotto, tutelando gli interessi legati alla salute, al nostro patrimonio culturale ed alle tradizioni alimentari del nostro Paese.

E a proposito di tradizioni alimentari, quando si parla di carne sintetica dobbiamo abbandonare l’immagine degli allevamenti, in cui l’agricoltore è impegnato nella cura di tutto il ciclo biologico dell’animale, o di una fase dello stesso, provvedendo al suo accrescimento.

La carne sintetica non nasce dai campi, ma da una semplice biopsia con cui vengono estratte alcune cellule da un animale. Queste cellule vengono fatte proliferare e differenziare in una coltura, in modo che si possano creare dei tessuti muscolari sovrapponibili alla carne tradizionale.

Sostanzialmente, per ottenere una bistecca, non serve produrre l’intero organismo, ma sono sufficienti le cellule dell’animale, un ambiente adeguato, un siero che aiuti le cellule a moltiplicarsi e differenziarsi e una superficie sulla quale far orientare la crescita delle cellule e dar loro una struttura tridimensionale.

Un’operazione che si può tentare con qualunque specie ma che, per ora, è stata sperimentata solo con bovini, maiali, tacchini, polli, anatre e pesci.

Il progetto di sperimentazione della carne artificiale trae origine dalla strategia “Farm to Fork”, introdotta dalla PAC, che ha finanziato diversi progetti di ricerca e sviluppo, compresa la produzione sperimentale di questo nuovo alimento sintetico.

Gli aspetti di questa sperimentazione dovranno ancora essere valutati in maniera obiettiva dalla Commissione Europea che, prima di far rientrare la carne sintetica tra i Novel Food, dovrà esprimersi in merito alla sicurezza nella produzione ed il consumo di proteine alternative, ma anche sulla sostenibilità climatico-ambientale di tale prodotto.

In attesa delle decisioni che perverranno dall’UE, i consumatori gridano a gran voce il loro rifiuto verso questo nuovo alimento ed i motivi sono quelli legati alla sostenibilità ambientale, alla tradizione gastronomica del nostro Paese, agli effetti sulla salute e la diffidenza verso prodotti che escono da laboratori.

A difendere la tradizionalità di questo prodotto sono di supporto anche i dati scientifici che affermano come tale alimento sia di fondamentale importanza per l’organismo: l’introduzione della carne nella dieta dei nostri antenati ha accelerato notevolmente l’evoluzione cognitiva e, come emerge dagli studi di esperti in materia[2], il consumo di tale prodotto sembra abbia avuto un’influenza sulla durata della vita e sullo sviluppo cerebrale e intellettuale.

D’altro canto, chi sostiene il progetto della carne sintetica rivendica i problemi ecologici legati al consumo della carne tradizionale poiché, tale prodotto, ha un altissimo impatto ambientale e contribuisce al riscaldamento globale, alla deforestazione, al consumo di suolo, acqua ed energia.

Anche su questo punto, però, sono state analizzate le implicazioni ecologiche che avrebbe il passaggio alla carne sintetica e, da uno studio del 2019 condotto dai ricercatori della Oxford Martin School, è emerso che in alcune circostanze la produzione di carne sintetica, associata quasi esclusivamente a emissioni di CO2, potrebbe risultare ancora più pesante, in termini climatici, di quella di carne tradizionale.

Di contro c’è anche tutto l’aspetto economico visto che, ad oggi, trasformare e differenziare una singola cellula in un hamburger è un processo particolarmente dispendioso che non garantirebbe la creazione di un prodotto accessibile a tutti.

Eppure, la scelta di produrre carne in laboratorio resta un’opzione valida, che rimarrà sotto i riflettori per parecchio tempo, ma che avrebbe un impatto disastroso per la filiera italiana che, solo negli ultimi anni, ha investito grandi risorse per il Made in Italy sulla qualità, il territorio, la tracciabilità e il taglio degli antibiotici.

Investire in progetti come quello della carne sintetica è un chiaro segnale del fatto che il biotech, programma di ricerca costituito da vari progetti dedicati alle diverse filiere produttive del Made in Italy, invece di sostenere gli agricoltori li sta sostituendo.

La carne sintetica, per molti allevatori e cittadini, rappresenta un vero e proprio tracollo etico rispetto alla tradizione del nostro Paese, al nostro modo di produrre carne e di fare impresa.

[1] 7° Censimento Generale dell’agricoltura – 06/07/2022

[2] Baltic M.Z. e Boskovic M.