Nature Restoration Law: tutelare la superficie terrestre a discapito dell’agricoltura

Il Parlamento Europeo ha approvato la Nature Restoration Law, la proposta di regolamento che mira a prendere misure concrete per tutelare la superficie terrestre e marina. Ancora una volta, a farne le spese sono i cittadini europei e, in particolare, la categoria degli agricoltori e dei pescatori.

Ma facciamo un passo indietro. Secondo la Commissione Europea, gli ambienti naturali in Europa sono in allarmante declino, con oltre l’80% degli habitat in cattive condizioni e, per questo, ha proposto la prima Legge globale del suo genere a livello continentale: una Legge sul Ripristino della Natura.

La Nature Restoration Law rappresenta sicuramente una delle proposte più importanti del Green Deal Europeo: di fatti, secondo la Commissione, il ripristino delle zone umide, dei fiumi, delle foreste, delle praterie, degli ecosistemi marini e delle specie che ospitano aiuterà a:

  • aumentare la biodiversità;
  • pulire acqua e aria, impollinare i raccolti e proteggerci dalle inondazioni;
  • limitare il riscaldamento globale a 1,5°C;
  • rafforzare la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa, prevenendo le catastrofi naturali e riducendo i rischi per la sicurezza alimentare.

Il 22 giugno 2022 il testo era stato approvato con lo scopo di prevedere strumenti giuridicamente vincolanti per molti Stati dell’UE. Secondo molti, però, anche se le iniziative poste alla base del regolamento sono nobili, i metodi attuativi e le misure previste non sono totalmente condivisibili.

In particolare, scegliere di introdurre misure specifiche per mezzo di un regolamento e non di una direttiva è stata una decisione molto criticata: il regolamento, per l’appunto, non lascia spazio ad interpretazioni nazionali, limitando così i singoli Stati membri.

Inoltre, a preoccupare molto è il passaggio che stabilisce il ripristino di almeno il 10% della superficie agricola totale che, secondo alcune forze politiche, porterebbe ad una drastica perdita di spazio e di produttività.

Proprio alla luce di vari disaccordi e perplessità, lo scorso 15 giugno in Commissione ambiente del Parlamento Europeo si è votato su un emendamento al Nature Restoration Law che proponeva di bocciare integralmente la misura.

La prima votazione non ha portato ad alcun risultato (parità di voti) ma, dopo molte trattative con le forze politiche, il Parlamento Europeo, il 12 luglio 2023, ha approvato l’emendamento con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti.

Gli obiettivi della Legge, vincolanti per gli Stati membri, prevedono di mettere in atto, entro il 2030, misure di ripristino che coprano almeno il 20% del territorio terrestre e marino dell’Unione.

La proposta si articola su numerosi target specifici, tra cui:

  • zero perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030;
  • invertire il trend del declino degli impollinatori entro il 2030;
  • 25.000 chilometri di fiumi tornati a scorrimento libero entro il 2030.

È inoltre previsto un minimo del 10% di copertura arborea in ogni città, l’aumento della biodiversità nei terreni agricoli, il ripristino degli habitat nei fondali marini, la riumidificazione delle torbiere prosciugate e la rimozione delle barriere fluviali per liberare i fiumi in modo da prevenire disastri durante le alluvioni.

Sicuramente l’intenzione di ripristinare gli ecosistemi in cattive condizioni accomuna tutti i portatori di interesse coinvolti e richiede necessariamente un’azione coordinata dei vari Stati membri, ma non è possibile prescindere da una valutazione degli effetti collaterali della proposta della Commissione.

Il ripristino della natura richiederebbe un grande sforzo al settore dell’agricoltura che dovrebbe rinunciare al 10% delle superfici produttive, vedendo così minata anche la sovranità alimentare nazionale ed europea.

Una diminuzione di spazi dedicati alla produzione alimentare, in un momento come questo, comporterebbe un netto aumento di inflazione e la dipendenza dall’estero, mettendo a rischio la sopravvivenza delle aziende agricole più piccole.

Pare che al mondo dell’agricoltura si stia chiedendo un po’ troppo: bisogna soddisfare il fabbisogno alimentare di una popolazione mondiale sempre più in crescita e bisogna farlo nel rispetto della sostenibilità, con sempre più impegno e risorse economiche da parte degli imprenditori agricoli, e adesso anche con il 10% in meno di superficie disponibile.