Macchine elettriche entro il 2035: inquinare di più per inquinare di meno

Il tema del calo dei consumi di combustibili fossili, soprattutto per quanto riguarda le automobili, è stato oggetto di discussione tra gli Stati Membri europei visto che il trasporto su strada rappresenta un quinto delle emissioni di CO2 dell’UE.

Gli Stati membri, di recente, hanno accettato l’introduzione di un obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del 100% entro il 2035 per auto e furgoni nuovi. Ciò significa che tra 13 anni si smetterà di vendere nuovi veicoli a combustibili fossili.

Portare l’Europa sulla via delle emissioni zero entro il 2050 è sicuramente uno scopo virtuoso che però rischia di risultare conveniente solo per il Continente, ma non per le altre parti del mondo.

Per avere aria pulita in Occidente le grandi potenze sono disposte a sacrificare il continente africano, ricco di materie prime indispensabili per tutta l’industria dell’energia elettrica e delle batterie, dall’auto ai tablet.

L’Africa, e soprattutto la zona del sud di tale continente, poiché risulta essere tra i principali estrattori del litio, materiale impiegato per la costruzione delle batterie delle e-car, è stata colonizzata dalla Cina, Paese nativo dei due più grandi fornitori al mondo di batterie, che con le sue infrastrutture presidia le estrazioni minerarie.

La Cina, così come le altre major minerarie operanti in Africa, sta dando vita ad un fenomeno di colonialismo economico che non può essere sottovalutato, soprattutto se si pensa che per accaparrarsi tali risorse c’è chi è pronto a sfruttare la popolazione dell’Africa, comprese donne e bambini, facendoli lavorare in condizioni durissime e spesso in spregio alle più elementari norme di prevenzione e sicurezza, che nulla hanno a che vedere con gli standard occidentali.

Come se questo non bastasse, c’è da dire che l’attività di estrazione delle materie prime è essa stessa fonte di inquinamento ambientale a cui si aggiungono le emissioni dovute alla lavorazione dei materiali grezzi che vengono usati per produrre accumulatori.

Vittima non sarà solo l’Africa visto che l’aumento delle emissioni di CO2 è causato anche dalla fabbricazione delle batterie per le auto elettriche che, come detto, avviene principalmente in Cina.

Infatti, secondo gli ultimi dati del China Automotive Technology and Research Center, la demolizione delle batterie delle auto elettriche (cinesi) si stima che arriverà a 780.000 tonnellate entro il 2025.

La Cina, quindi, nel tentativo di diventare il punto di riferimento nel mercato delle batterie per auto elettriche, si prepara ad affrontare un problema ecologico enorme.

Insomma, se l’Europa nel giro di qualche decennio potrà respirare aria pulita, a discapito di altri Paesi, sorge spontaneo domandarsi se il problema dell’inquinamento sarà davvero risolto o sarà solo trasferito ad altri continenti.

Impossibile ad oggi rispondere, visto che le cose possono ancora cambiare. Ciò che sappiamo è che per far fronte al problema dell’inquinamento le aziende e gli investitori di tutto il mondo si stanno concentrando sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio e, in tale processo, è direttamente coinvolto anche il settore agricolo.

È stato stimato[1] che le misure di agricoltura di precisione e digitalizzazione del lavoro abbiano permesso una riduzione di consumi di combustibile di almeno il 10%, ma non solo. Si è registrata anche una riduzione dei tempi di lavorazione fino al 35% e un calo dei costi medi di produzione intorno al 15%.

Sono numeri importanti questi, che testimoniano il fatto che le nuove frontiere dell’agricoltura 4.0 rappresentano, se non l’unica, la principale strada per rispondere alle esigenze degli agricoltori, dei consumatori e del pianeta.

Utilizzare nelle proprie aziende sistemi gestionali, di monitoraggio e controllo dei macchinari, permette di produrre di più utilizzando meno risorse, diminuendo i costi legati alle attività di coltivazione e di allevamento che influiscono direttamente sui prezzi dei generi alimentari e, di conseguenza, sull’inflazione.

Ormai sappiamo che il futuro dell’agricoltura passa necessariamente dall’innovazione e se ciò può essere utile anche al pianeta, diminuendo le immissioni di combustibile, gli agricoltori non possono fare altro che investire nelle soluzioni 4.0.

[1] In Italia l’innovazione si sta facendo largo, si stima infatti che più del 60% degli agricoltori, per rendere più efficienti gli interventi in campo, utilizza almeno una soluzione 4.0 e oltre quattro su dieci ne utilizzano almeno due. Secondo l’Osservatorio Smart Agrifood, l’agricoltura 4.0 nel 2021 ha superato il valore di 1,6 miliardi di euro ed è in forte crescita.