L’impegno di AGEA di rimettere in produzione i terreni abbandonati e l’importanza di coinvolgere le giovani generazioni

Riportare in produzione 3,7 milioni di ettari di terreni abbandonati è uno degli obiettivi che AGEA si è prefissata dopo che l’agricoltura italiana ha subito gli effetti negativi della transizione ecologica.

Come ormai stanno evidenziando molti agricoltori, i vincoli ambientali introdotti dalla nuova Politica Agricola Comune (PAC) hanno disincentivato parecchio la presentazione delle domande di aiuto e la conseguenza diretta è che dal settore agricolo stanno uscendo, via via, i piccoli proprietari.

Questo emerge dal numero di domande ricevute da AGEA che risultano essere 50.000 in meno rispetto al passato, segno dell’uscita dal settore di alcuni agricoltori ma anche della volontà, da parte di chi rimane, di non rispettare i nuovi vincoli ambientali imposti dall’Europa per l’ottenimento dei fondi.

Questa spiacevole circostanza, però, non abbatte gli animi di AGEA. Infatti, il calo delle aziende agricole di piccole dimensioni non deve essere legato esclusivamente all’avvio della nuova PAC, tant’è che già a seguito della pandemia era emerso in maniera molto chiara che le piccole aziende agricole stavano scomparendo.

Non a caso, dalla lettura dei dati presenti nel 7° censimento dell’ISTAT (con riferimento all’annata agraria 2019-2020) emergeva una netta diminuzione delle aziende agricole meno strutturate con un contestuale rafforzamento delle imprese di maggiori dimensioni.

E di fatti, sono proprio le aziende maggiormente strutturate che hanno subìto meno l’impatto significativo che sta avendo la transizione ecologica.

Aziende agricole di maggiori dimensioni, così come rileva AGEA, sono in grado di rispettare maggiormente i vincoli ambientali imposti dalla Politica Agricola Comune e, sovvenzionati dall’UE, stanno rilevando terreni e attività ormai usciti dal settore produttivo.

Attualmente un terzo della superficie agricola italiana, che complessivamente ammonta a 12 milioni di ettari, risulta essere fuori produzione e pare che questi 3,7 milioni di ettari abbandonati verranno convertiti tramite incentivi per l’ingresso nel settore di nuovi giovani coltivatori e per mezzo di indirizzi verso le colture più redditizie su cui puntare.

Ogni anno il compito di AGEA è quello di gestire gli aiuti dedicati agli agricoltori, pari a circa 7,5 miliardi di euro, e, per il 2024, dovrebbe sostenere investimenti indirizzati alla conversione dei terreni abbandonati.

Per fare ciò AGEA ha la necessità di avere un’intesa col sistema creditizio per anticipare alle imprese la liquidità di cui hanno bisogno.

Oltre alla gestione dei fondi, AGEA si impegna anche nel rivestire il ruolo di controllore delle irregolarità emerse dall’analisi dei dati di cui dispone. Infatti, proprio di recente, l’Unione Europea ha avviato un’indagine su oltre un decennio di irregolarità nella gestione di fondi per l’agricoltura da cui è emerso un conto di quasi 400 milioni di euro.

L’enorme mole di informazioni in possesso di AGEA sui terreni agricoli, colture praticate e imprese, potrebbe essere impiegata proprio per contrastare eventuali frodi ai danni delle casse comunitarie.

In ultimo, non va dimenticato che AGEA si impegnerà anche a vigilare, coadiuvando l’INPS, se la manodopera impiegata nel settore agricolo risulta adeguata al territorio. In questo modo sarà più agevole per le imprese del settore accedere agli aiuti PAC subordinati al rispetto delle norme sul lavoro.

Con questi presupposti rischiamo di perdere un settore economico determinante anche per la sicurezza alimentare ed economica del nostro Paese, ma soprattutto stiamo rischiando che i terreni diventino oggetto di interessamento della finanza con tutte le conseguenze che ne derivano.

Bisogna quindi creare le condizioni affinchè si possa far tornare a girare le economie rurali locali al fine di ridurre lo spreco dei troppi ettari incolti e favorire il ricambio generazionale.

Senza nuovi giovani che tornano alla terra, il settore è destinato a morire e questo non è un esito accettabile per un Paese come l’Italia, eccellenza del settore agroalimentare.

Inserire nuovi giovani in agricoltura significa dare una risposta a un tasso di disoccupazione giovanile che in Italia continua a essere eccessivamente elevato, con un settore per troppo tempo bistrattato che sta tornando ad avere appeal. Ma significa anche portare le sensibilità delle nuove generazioni nelle campagne e nelle aree montane, in particolare quella maggiore attenzione ai temi della sostenibilità.

Mollare tutto e darsi alla terra, nelle sue diverse sfaccettature che vanno dalla sperimentazione, all’imprenditoria e quant’altro, deve diventare una occasione di riscatto per una generazione troppo spesso lasciata senza opportunità, ma anche per territori dimenticati ma dall’alto potenziale economico per il Paese.