L’equilibrio della bicicletta

Viviamo in un mondo in costante movimento, in cui nulla resta mai com’è. L’ultimo anno ha sicuramente rafforzato questa sensazione, obbligandoci a comportamenti e a condotte che, fino a poco tempo fa, avremmo pensato folli ed impossibili e che, oggi, fanno parte della nostra quotidianità.

Accettare il cambiamento, però, è qualcosa di non sempre facile: lasciare il noto per l’ignoto spesso spaventa, può destabilizzare, ma rappresenta un’abilità fondamentale per potersi adattare al meglio nel mondo.

Già Charles Darwin, sul finire del diciannovesimo secolo, aveva capito e scritto che questa tendenza al cambiamento e all’adattamento rappresenta il motore dell’evoluzione umana. Eppure, a 150 anni da tali scritti, è ancora estremamente diffuso il pensiero reazionario di chi non vuole andare avanti, di chi, davanti al nuovo, reagisce con una chiusura.

“Abbiamo sempre fatto così”. Una frase tossica, che non tiene conto della bontà di un’idea, delle potenzialità insite nella stessa, quattro parole che spengono l’iniziativa e che vengono utilizzate come scudo contro il cambiamento, come se evitarlo fosse l’unica soluzione per sopravvivere.

Nel mondo dell’economia, rinchiudersi in sé stessi significa non cogliere le opportunità che ogni giorno il mercato offre, le tendenze da cavalcare, le prospettive di un lavoro che cambia velocemente e che, quindi, non si può mai immaginare come cristallizzato dentro la teca di un museo, come se fosse un fossile.

La storia offre migliaia di casi di aziende e attività che, nel momento decisivo, hanno scelto di non rischiare, finendo poi vittime delle proprie decisioni.

Paradigmatica è la storia della Kodak, la famosa multinazionale statunitense specializzata nel settore della fotografia, che dai vertici del mercato ha sfiorato il fallimento, a causa di una scelta sbagliata. Già nel 1973, infatti, un ingegnere dell’azienda aveva creato il primo prototipo di macchina fotografica digitale. Tuttavia, la dirigenza decise di non produrre tale invenzione, in quanto avrebbe messo in discussione il business delle pellicole fotografiche che rappresentava un’importante voce di bilancio dell’impresa.

Quali furono gli effetti di tale decisione? La concorrenza, presto, ha ottenuto la tecnologia, ci ha investito ed ha conquistato il mercato, prosperando; Kodak, invece, ha perso sempre più terreno, finendo in amministrazione controllata nel 2012 e andando ad un passo dal fallimento.

Certo, questa è una storia estrema, ma le scelte di ogni giorno possono condizionare il futuro delle aziende.

Nel mondo dell’agricoltura quante imprese hanno deciso di non sviluppare la propria multifunzionalità perché la frutta o il latte vanno conferiti alla cooperativa, senza valutare il vantaggio economico dell’operazione, solo perché si è sempre fatto così? Quante volte si è deciso di non innovare il proprio parco macchine o i propri processi produttivi, perché si è sempre fatto così? Quante volte si è parlato di passaggio generazionale, ma questo non è stato portato avanti perché da generazioni si è sempre fatto così e così si deve continuare a fare, ma soprattutto perché tutti si sentono immortali?

Ritengo che le decisioni prese a priori, senza una corretta analisi dei dati, senza l’attenta osservazione di ciò che il mercato richiede, senza valutare le opportunità che si possono cogliere, non siano mai corrette. Non perché non possano ottenere risultati, grazie all’intuito, grazie alla fortuna, ma perché muovono da presupposti instabili, che possono portare anche a conseguenze importanti, come nel caso citato poco sopra.

In questo particolare periodo storico, poi, non si parla più solo di redditività, di investimenti, di ritorno, di guadagno. La PAC post 2020 ha fissato chiari obiettivi rispetto alla sostenibilità delle colture e dei processi, richiedendo una sempre maggiore attenzione alla riduzione degli sprechi e alla tutela dell’ambiente.

Il Green Deal europeo, in questi ultimi mesi, sta muovendo i suoi primi passi tra il convinto sostegno di coloro che vogliono un’agricoltura più a misura d’uomo e le polemiche di chi non ritiene possibile un’agricoltura senza prodotti chimici e senza impianti intensivi.

Come sempre, penso che la verità stia in mezzo, ma che in questa fase sia più importante cercare un equilibrio nuovo tra queste due contrapposte necessità, piuttosto che arroccarsi in difesa di una situazione che, nel momento in cui se ne parla, è già passata.

Già, perché tutto scorre e tutto cambia, in ogni istante. Ed è per questo che penso che più che ergersi a paladini, in difesa di quello che è stato o di quello che pensiamo debba essere così, sia più importante approcciarsi al mondo in maniera critica, analizzando i vari fattori (il mercato, le opportunità, i propri valori, la propria visione), cercando sempre di evolvere e di crescere all’interno di questo flusso costante che è il mondo.

Concludendo, penso che ognuno di noi debba ispirarsi, nella propria attività e nella propria vita, all’andare in bicicletta: stando fermi o pedalando senza catena, presto o tardi, si cade; è solo muovendosi sempre che si può riuscire a restare in equilibrio e, soprattutto, ad andare avanti.