Il nuovo Censimento rivela quale sarà il futuro dell’agricoltura

Sono stati da poco pubblicati i risultati del 7° Censimento generale dell’Agricoltura che racconta come sta cambiando il settore agricolo in questi ultimi anni. Nonostante la crisi dettata dalla pandemia abbia messo a dura prova l’economia del Paese, i dati rilevati dall’ISTAT hanno fatto emergere un forte attributo degli agricoltori italiani: la resilienza.

Ricordiamo infatti che, mentre le imprese italiane fermavano le proprie attività a seguito delle ordinanze e dei Decreti emanati durante lo stato emergenziale, l’intera filiera agroalimentare è stata impegnata in prima linea, anche durante le fasi più acute della pandemia, a garantire le forniture alimentari alla popolazione.

In questo frangente il settore agricolo è stato considerato essenziale e, in quanto tale, non soggetto alle misure restrittive che venivano imposte. E così, mentre il Paese si fermava, gli agricoltori hanno proseguito le loro attività, puntando a strutturare le proprie aziende e spingerle verso un processo sempre crescente di “digitalizzazione” e “innovazione”.

La conferma di quanto detto si legge dai dati ISTAT da cui è emerso che, nonostante un fisiologico processo di uscita dal mercato delle aziende prettamente di carattere familiare e di piccole dimensioni a causa dell’aumento dei costi, tante aziende italiane si sono strutturate ed hanno investito nelle proprie attività.

Passando ad una breve disamina dei dati evidenziati dal Censimento si rileva una diminuzione del numero di aziende agricole sul territorio italiano controbilanciata dall’aumento di quelle di grandi dimensioni.

Infatti, nell’arco di questi ultimi 40 anni sono scomparse i 2/3 delle aziende agricole, soprattutto nel Centro Sud della penisola. Nonostante ciò la dimensione media delle aziende agricole è più che raddoppiata, sia in termini di Superficie Agricola Utilizzata sia di Superficie Agricola Totale.

Attualmente circa il 93,5% delle aziende agricole risulta gestito nella forma di azienda individuale o familiare ma un dato rilevante è sicuramente l’evoluzione dell’agricoltura italiana verso forme gestionali maggiormente strutturate, che si avvalgono anche di manodopera salariata.

Anche il tempo di lavoro dedicato alle attività agricole aumenta significativamente, infatti il numero di giornate di lavoro standard è passato da 69 a 100 nel giro di soli 10 anni, soprattutto per le donne.

Oltre alle aziende individuali o familiari, salgono il numero delle società di persone e delle società di capitali, anche se ancora con un’incidenza relativamente bassa.

Per quanto riguarda la conduzione dei terreni sono sensibilmente diminuite le aziende che coltivano terreni in proprietà, ma aumentano, di contro, il numero dei contratti di affitto o di uso gratuito.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei terreni non ci sono stati molti cambiamenti, rimanendo oltre la metà della Superficie Agricola Utilizzata coltivata a seminativi, prati permanenti, pascoli e orti familiari.

Se è vero che il comparto agricolo non ha subito una consistente crescita, vi è da dire che le aziende con capi di bestiame, che rappresentano il 22% delle aziende agricole, stanno aumentando in misura consistente rispetto al passato, soprattutto nel Nord Ovest.

Rispetto a 10 anni fa diminuisce la presenza femminile nelle aziende agricole mentre si è consolidata la partecipazione delle donne nel ruolo manageriale anche se la figura di capo azienda, che solitamente coincide con quella del conduttore, è prevalentemente maschile, in fascia di età giovanile.

Innovazione e digitalizzazione, come più volte affermato nei precedenti editoriali, sono e saranno le parole chiave per l’agricoltura del futuro e i dati non smentiscono. Nel 2020 è cresciuta notevolmente la diversificazione delle attività agricole nonostante il periodo coincida con la diffusione dell’epidemia da Covid-19.

La diversificazione delle attività agricole ha portato ad informatizzare l’attività di agriturismo, agricoltura sociale e fattorie didattiche. La crescita della diffusione di attrezzature informatiche e digitali è stata molto più intensa al Sud, nelle Isole e nel Nord-Est.

Sicuramente le aziende con a capo under 45 sono quattro volte più informatizzate rispetto a quelle gestite da un soggetto di oltre 60 anni. È chiaro che ad incidere sulla digitalizzazione vi sono altri fattori tra cui la dimensione aziendale e gli incentivi che il Governo ha messo a disposizione.

Si pensi ad esempio al credito di imposta 4.0 che ha dato l’opportunità di utilizzare strumenti tecnologici anche alle aziende di dimensioni più ridotte.

I dati sopra raccolti offrono un’immagine chiara del futuro dell’agricoltura: le grandi imprese agricole sono destinate ad essere sempre più grandi, protagoniste di un mercato centrale nell’economia del nostro Paese, mentre le piccole realtà sono destinate a scomparire, pressate da condizioni economiche che non garantiscono più la sopravvivenza a chi si limita ad una tipologia di coltivazione arcaica e tradizionalista.

Ricordiamoci però che per rientrare nella cerchia delle grandi imprese non bisogna guardare solo agli ettari di terreno posseduti: per essere grandi occorre essere un’azienda innovativa che massimizza le proprie risorse, diversifica la propria attività e amplia le proprie frontiere di business.

In buona sostanza non è l’aumento dei ricavi che fa la differenza, ma è l’aumento della marginalità che, come sempre sostenuto dal Prof. Frascarelli, non si ottiene più stando sul trattore, ma usando la penna.