È tempo di piantare il seme della speranza

Sono passati oltre sette mesi da quel famoso 10 marzo che ha cambiato irreversibilmente le nostre vite e che ha sconquassato il corso degli eventi, gettando nell’incertezza la politica ed i mercati mondiali.

Quella che stiamo vivendo è una crisi senza precedenti, assimilabile forse solo alle guerre mondiali per impatto e rilevanza. Morti, isolamento, restrizioni alla libertà personale: sebbene in palio ci sia un bene più importante come quello della salute, la situazione è tutt’altro che semplice.

Da un punto di vista strettamente economico, i mesi di lockdown hanno creato gravi scompensi alle aziende, mentre le misure restrittive adottate per contenere il contagio continuano a far pagare proprio alle imprese il salato conto della pandemia, tra ricavi ridotti e costi ingenti per le sanificazioni e i controlli.

Osservando i nudi dati economici, nei primi sei mesi dell’anno il PIL italiano si è ridotto del 12% rispetto al 2019: si tratta di un dato estremamente rilevante, in quanto tale diminuzione è quasi doppia se confrontata con quella verificatasi nel primo semestre del 2009 durante la grande crisi finanziaria globale.

Un altro dato che allarma è quello legato alla disoccupazione: nella prima parte dell’anno, il numero di ore lavorate si è ridotto sensibilmente così come il numero di unità impiegate (- 559.000 persone), ma il prossimo gennaio sembra il vero banco di prova di un sistema che appare in grave difficoltà. Fino al 31 dicembre, infatti, sono stati bloccati i licenziamenti dei lavoratori, offrendo così loro la possibilità di avere una tutela anche dal punto di vista economico e di preservare il proprio posto di lavoro nonostante le eventuali difficoltà dell’azienda.

Il problema è che ciò, purtroppo, non aiuterà le aziende a risolvere i propri problemi e le prime stime dicono che circa 400.000 lavoratori, a partire dal nuovo anno, potrebbero ritrovarsi completamente disoccupati in un mercato in grande difficoltà.

Insomma, il quadro non è dei più rosei. Ritengo, però, che sia fondamentale iniziare a mutare la nostra prospettiva. Le difficoltà non mancano, certo, ma il mondo deve andare avanti e, per farlo, è necessario iniziare a guardare al futuro con maggiore ottimismo. Anche perché i segnali di una ripresa ci sono tutti.

Guardando al mondo dell’agricoltura, un recente studio effettuato da Turismo Verde ha evidenziato come nel 2020 il settore dell’agriturismo potrebbe arrivare a perdere fino a 600 milioni di fatturato, con una perdita di poco inferiore al 60% rispetto al 2019. Tuttavia, non bisogna ignorare alcuni trend positivi: in questo periodo di tempo, le aree rurali (+5,2%) e le zone montane (+2,7%) hanno fatto registrare risultati positivi, mentre nei mesi estivi, si è assistito ad una crescita delle prenotazioni da parte dei turisti italiani (+1,1%) sebbene essa non abbia comunque compensato l’assenza dei turisti stranieri.

Un altro segnale di crescita nel settore agricolo si ritrova nell’analisi effettuata dalla CEMA, l’Associazione Europea delle macchine agricole, che ha evidenziato come, dopo un primo semestre dai numeri estremamente pesanti per il settore, in tutta Europa si sta assistendo ad una progressiva ripresa del comparto, con un progressivo ritorno alle immatricolazioni di trattori e macchine agricole, che vede, peraltro, l’Italia, tra i Paesi più attivi in questa fase.

Insomma, alle nostre spalle c’è un momento difficile, un momento che nel futuro resterà scritto nei libri di storia e condizionerà le sorti del mondo ancora per diverso tempo. Quello che può fare davvero la differenza, però, è il modo in cui ognuno di noi deciderà di affrontare questo complesso periodo storico.

Si potrebbe guardare indietro, rimpiangendo i tempi che furono, ponendo l’attenzione sul denaro perso, sulle aziende in difficoltà, sulle incertezze del domani, uscendone così ancora più deboli e frastornati. Al contrario, io penso che questo sia il momento di farsi le giuste domande, di pianificare il futuro, di cogliere le occasioni che questo momento così plastico offre, con la consapevolezza che il futuro sarà, senza dubbio, migliore.

Insomma, come insegna il professor John Keating ne “L’attimo fuggente”, quando si pensa di sapere qualcosa, quello è proprio il momento in cui provare a cambiare prospettiva.

L’Italia ripartirà, questo è certo, perché, grazie al coraggio e alla creatività dei suoi cittadini, ha sempre saputo fare fronte alle difficoltà, uscendone sempre rafforzata. Per farlo, servirà realismo, anche da parte di chi ci governa, che dovrà pensare a misure strutturali e lungimiranti, senza limitarsi a provvedimenti di poca concretezza e fortemente propagandistici, volti solo a distogliere le persone dai reali problemi.

Come sempre, però, sono proprio le persone a fare sempre la differenza. Pertanto, ritengo che sia giunto il momento in cui, ognuno di noi, debba piantare un seme di speranza per far germogliare un futuro migliore.