“Tra le mani la terra, nella mente il futuro”
La biografia di un uomo dalle origini contadine che ha vissuto in prima persona l’evoluzione del mondo agricolo in Italia. Perito agrario, tributarista e revisore contabile di fama nazionale, fondatore del gruppo Rete Servizi Agricoltura, che oggi supporta oltre 1.500 imprese agricole, Luciano Mattarelli è un vero e proprio “imprenditore civile” – come lo definisce, nella Prefazione, Stefano Zamagni, docente di Scienze economiche e aziendali all’Università di Bologna – che ha fatto del profondo legame tra l’uomo e la terra, la passione e l’impegno di una vita.
Le nostre radici: la terra, la mezzadria, la dignità
All’inizio del Novecento, l’agricoltura italiana era un mondo fatto di fatica, miseria, ma anche di valori profondi.
Un paesaggio umano e sociale in cui intere generazioni vivevano e lavoravano in un orizzonte ristretto, spesso racchiuso tra l’aia di casa, i campi da coltivare e la stalla da accudire. Era un’esistenza dura, ma vissuta con senso del dovere e dignità.
A fare da sfondo a questo mondo, c’era la mezzadria, una forma contrattuale antica, le cui origini risalgono al Medioevo. Un patto non scritto tra chi possedeva la terra — il “padrone” — e chi la lavorava — il “mezzadro”.
Il raccolto veniva diviso a metà, ma il peso del lavoro non era mai davvero equamente distribuito.
Il padrone non era solo il proprietario dei campi: era una figura di riferimento assoluto, un’autorità sociale e morale. La sua presenza influenzava ogni scelta, anche quelle familiari. Si parlava con deferenza, lo si temeva quasi.
Eppure, dentro questa relazione apparentemente immutabile, si muovevano dinamiche complesse, fatte di fedeltà ma anche di sottili ribellioni.
C’erano mezzadri che rispettavano il padrone con devozione assoluta, incapaci persino di immaginare una disobbedienza.
Altri, invece, pur mantenendo una sottomissione formale, mettevano in atto piccole strategie di sopravvivenza: una vendita non dichiarata di bestiame, una doppia bollettazione per trattenere una parte dei guadagni.
Espedienti che nascevano non solo dall’astuzia, ma anche dal bisogno e dal senso di ingiustizia di chi lavorava la terra senza possederla.
Questa è una parte della storia di Luciano Mattarelli, una memoria che non è solo personale, ma collettiva.
Una testimonianza che non vuole idealizzare il passato, ma riconoscere il valore di chi ha costruito, con sacrificio e intelligenza, la dignità del lavoro agricolo.
Oggi, da quella terra e da quella storia, nascono nuove sfide. Cambiano gli strumenti, cambiano i contratti, ma resta lo stesso spirito: coltivare la terra significa anche coltivare la libertà, il coraggio e il valore del proprio lavoro.